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Immagine del redattoreRossella Garoffolo

La prima volta delle Olimpiadi del Coaching

«Noi lavoriamo molto sul costruire gli obiettivi, visualizzarli e farli propri. Poi, quando si è ai blocchi partenza, ci si dimentica di tutto e si vive il momento. Teniamo anche conto che la nostra mente è molto potente, e per lei una cosa immaginata equivale a una cosa realmente vissuta, quindi tutto si allinea per andare in quella direzione. Questo non vuol dire che se immagino di vincere la medaglia d'oro alle Olimpiadi poi la vincerò, ma mi predispongo a poterlo fare. Spesso noi ci creiamo dei limiti da soli, ci diciamo "non è possibile", "quegli atleti hanno dei personal best migliori dei miei", "posso al massimo arrivare quinto", tutti limiti auto-imposti, ma se noi evitiamo di auto-limitarci possono succedere cose straordinarie».

Potremmo definirle le Olimpiadi del coaching, quelle in cui la mente va oltre e regala obiettivi raggiunti, perché, per citare l'oro italiano nella 20 km, Massimo Stano, “con la mente si possono fare grandi cose”.

Non solo coaching, in effetti, ma anche tanta Programmazione Neurolinguistica (PNL) per gestire il proprio stato d'animo attraverso “rappresentazioni interne”, percezione e pratiche di visualizzazione degli obiettivi. E ancora autostima e fiducia in se stessi.


“Lavorare sul miglioramento della propria autostima permette di raggiungere delle prestazioni atletiche migliori. E’ stato inoltre riscontrato che gli atleti con maggiore autostima nel corso della performance tendono a fare maggiore affidamento sui propri standard personali. In questo modo si focalizzano più su quella che è la rappresentazione anticipatoria dei propri ‘sé possibili’ (ad esempio: “Immagino di esibirmi al meglio”) che su quella dei propri ‘sé temuti’ (ad esempio: “Confronto la mia attuale prestazione atletica con un’immagine di me in cui eseguo una performance scadente”). Così chi ha una maggiore autostima è anche maggiormente in grado di avere una visualizzazione mentale positiva, aspetto importante durante le competizioni”.

Il nostro cervello rielabora quello che accade nella realtà intorno a noi secondo credenze e schemi personali, avere un Coach professionista accanto non fa altro che supportare l'atleta a tenere quello che è funzionale per la sua performance e lasciare andare ciò che è stato limitante.

"L'allenatore mentale non fa altro che spiegare all'atleta cosa gli impedisce di ottenere una grande prestazione. Allenare nuove strategie che impediscano quello che noi chiamiamo "il sequestro emozionale", proprio perché sequestra le abilità cognitive dell'atleta che magari si "blocca" e non riesce a ripetere il gesto tecnico automatizzato in allenamento".

Per una prestazione vincente è necessario raggiungere l'equilibrio perfetto tra mente e corpo.

Il coaching e la PNL lavorano sulla sfera emotiva mettendola al centro di un viaggio faticoso e appagante, a volte davvero molto rapido ma sofferto e intensissimo.


Compiere l'impresa dell'oro a partire da una ristrutturazione del proprio dialogo interno, superamento di paure e convinzioni limitanti, nodi sciolti e nuove consapevolezze non è altro che una chiusura del cerchio, obiettivo personale che si fa medaglia sportiva.


Complimenti di cuore, ragazzi, per questa grande rivoluzione che avete portato sotto i riflettori: quella di scegliere di cambiare i propri pensieri, gestirli con amore e volersi bene affidandosi.



Fonte foto: Corriere


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